Quando si parla di crisi ecologicaspesso ci si sofferma su problematiche specifiche e circoscritte: l’aumento del livello dei mari, l’impiego dei combustibili fossili, la deforestazione, la desertificazione - tra tutte, quella forse più citata è la questione dell’aumento delle temperature. Nell’attribuire cause e responsabilità, a livello mediatico, istituzionale ed educativo, ritorna il concetto che siamo noi esseri umani i fautori di questa crisi: è l’intervento antropico la causa di questa situazione.
È una storia la cui validità è data per assodata e naturalizzata: con l’avvento dell’industrializzazione abbiamo sprigionato nell’atmosfera quantità massicce di gas serra e ora le temperature aumentano, i ghiacci si sciolgono, i livelli dei mari si innalzano.
Questo modo di intendere la crisi attuale è in gran parte riconducibile al termine-etichetta"antropocene"anche se non sempre esplicitamente citato, ha avuto un impatto fortissimo sul modo di fare informazione in merito alla crisi ecologica negli ultimi due decenni. Coniato dal chimico Paul Crutzen e dal microbiologo Eugene Stoermer nel 2000, “antropocene” descrive un’ era geologica in cui l'umanità diviene una vera e propria forza geo-bio-fisica a scala planetaria un’era caratterizzata da estinzioni di massa, eventi climatici estremi e inquinamento ambientale. La datazione di questa nuova era geologica non ha un consenso unanime ma ricorre la periodizzazione legata alla rivoluzione industriale.
Critiche all'antropocene
È una narrazione che è stata criticata per soffermarsi sugli effetti e sulle cause ‘dirette’ (come industrializzazione e urbanizzazione) più che sulle cause complesse della crisi ambientale, e per considerare l’umanità come un tutt’uno indistinto, non differenziato né a livello politico, né economico. A cosa fa veramente riferimento il termine ‘umanità’? Possiamo davvero analizzare il problema considerando alla stessa stregua una multinazionale e dei montanari le cui terre vengono espropriate e privatizzate? Hanno lo stesso impatto ambientale cittadini comuni e l’insieme di enti e imprese industriali che operano a scala globale?
La cancellazione di queste differenze di responsabilità si presta bene alla depoliticizzazione della crisi ecologica: questioni coloniali, di classe e di genere non vengono prese in considerazione nella trattazione mainstream della crisi e la storia viene ridotta al rapporto tra tecnologia e risorse.
La trasformazione del legame tra terra, lavoro e ricchezza.
According to environmental historian Jason Moore, a sole focus on industrialization is inadequate, and raises additional questions: what were the historical conditions that made the dependence on fossil fuels possible? Is it sufficient to only point to technological innovation? How did socio-ecological relations change?
Lo storico dell’ambiente individua come punto di svolta la trasformazione del legame tra terra, lavoro e ricchezza. Se in un'economia pre-capitalista era il possesso della terra la misura della ricchezza, con l’avvento del capitalismo il controllo della terra diventa la condizione per l’aumento della produttività del lavoro e dell’accumulazione del capitale.
L’appropriazione delle ‘risorse’ - combustibili fossili, legname, terre da trasformare in piantagioni o in pascoli - diventa, assieme alla produttività del lavoro, il motore della crescita del capitale.
L’esempio storico forse più celebre di questa ristrutturazione riguarda l'espropriazione delle terre comuni inglesi (commons) e della loro privatizzazione per liberare spazio per le attività di pascolo, più economicamente vantaggiose delle pratiche agricole tradizionali e comunitarie.
Il sostentamento, la vita stessa gradualmente viene a non dipendere più in maniera diretta dalla terra, ma a dipendere sempre di più dalla possibilità di avere un lavoro retribuito. Secondo Moore, la messa a valore economico della natura e del lavoro ha contribuito a esternalizzare la natura, trasformandola a livello sia pratico che ideologico in un oggetto da sfruttare. La crisi ecologica sarebbe da considerare non come conseguenza del capitalismo, ma come presupposto base necessario al suo sviluppo, per questo lo storico dell’ambiente parla di Capitalocene piuttosto che di "antropocene"Il sistema capitalista sì agisce sulla upon natura, ma anche attraverso essa: Moore lo descrive come un vero e proprio regime ecologico che riorganizzazione della rete della vita, appropriando tutto ciò che possa aumentare produttività e capitale, trasformando profondamente i paesaggi e le possibilità di vita al loro interno.
Con il passaggio a un sistema economico capitalistain cui la vita stessa dipende più dalla retribuzione lavorativa che dal legame con la terra, viene a trasformarsi il legame tra vita umana e territorio.Il rapporto vitale e corporeo tra terra, animali più che umani e vita umana viene indebolito dall’avvento del capitalismo, e diventa molto facile accettare come verità universali le dicotomie natura-cultura, corpo-ambiente.
Il concetto-antropocene e la narrazione ambientalista mainstream, non riconoscendo il ruolo delle trasformazioni delle relazioni socio-ecologiche nella crisi ecologica, naturalizza queste dicotomie e diventa difficile immaginare e ricordare come poter vivere nella, con la, e attraverso la natura, senza relegare quei modi di vita a uno stadio ‘primitivo’, pre-moderno, o tingerle di una coloratura nostalgica.
Imagining different ways of living is a demanding task, Immaginare modi di vita diversi è un compito che richiede fatica, poiché richiede la messa in discussione di molte verità universali rispetto al ruolo dell’economia e alle relazioni socio-ecologiche possibili.
Questo blog vorrebbe essere anche uno spazio in cui esplorare quelle possibilità di stare al mondo che il sistema economico dominante porta a dimenticare, uno spazio in cui riportare modi di immaginare, raccontare e sentire la vita sul pianeta terra.Come dice la biologa e teorica Donna Haraway, significa rimanere nel problema with the trouble della crisi ambientale.
È vero che negli ultimi secoli tra natura e società è avvenuta una frattura. Ma non deve essere così per forza, e immaginare alternative possibili può essere un modo per resistere e cercare soluzioni alla crisi ecologica.
Invitiamo i lettori di questo blog a commentare con le proprie storie e critiche per costruire uno spazio in cui condividere le idee rispetto alla crisi ecologica.